Farmaci: consentita l’attività di cosiddetto ‘blistering’

Si tratta, in sostanza, di attività consistente nello spacchettamento dei farmaci dalle confezioni originali, senza alcun frazionamento del principio attivo, e nel successivo riconfezionamento in ‘blister’ personalizzati per ciascun paziente e nella quantità prevista dalla prescrizione del medico curante (con la conseguenza che il paziente non riceve più plurime scatole, ma più appropriatamente il ‘blister’ assemblato, con un confezionamento ad personam), trattandosi di attività coerente con i principi dell’aderenza terapeutica e della personalizzazione del servizio di distribuzione dei farmaci

Farmaci: consentita l’attività di cosiddetto ‘blistering’

In mancanza di specifico divieto e della previsione di atti autorizzativi, deve ritenersi consentita, nel rispetto delle norme di buona fabbricazione e delle cautele prescritte negli atti di regolamentazione eventualmente adottati dalle Regioni, l’attività di cosiddetto ‘deblistering’, consistente nello spacchettamento dei farmaci dalle confezioni originali, senza alcun frazionamento del principio attivo, e nel successivo riconfezionamento in ‘blister’ personalizzati per ciascun paziente e nella quantità prevista dalla prescrizione del medico curante (con la conseguenza che il paziente non riceve più plurime scatole, ma più appropriatamente il ‘blister’ assemblato, con un confezionamento ad personam), trattandosi di attività coerente con i principi dell’aderenza terapeutica e della personalizzazione del servizio di distribuzione dei farmaci.
Questi i principi fissati dai giudici (parere del 2 settembre 2025 del Consiglio di Stato), i quali, chiamati a prendere in esame le obiezioni sollevate da una società che gestisce una farmacia, chiariscono che la pratica del ‘deblistering’ è volta ad assicurare livelli più elevati di aderenza terapeutica, così come di semplificazione nella gestione dei farmaci, soprattutto per pazienti cronici, anziani, politrattati, e può sortire favorevoli effetti di finanza pubblica, considerato il diffuso fenomeno del ricorso a confezioni sovrabbondanti rispetto alle prescrizioni mediche.
In questa ottica, viene chiarito che le ‘linee guida’ diramate dalla Regione Lombardia possono fungere da punto di riferimento anche per altre Regioni finché non vengano adottate proprie disposizioni in materia.
Nella specifica vicenda presa in esame dai giudici, e svoltasi in Piemonte, la contrapposizione è tra una società che gestisce una farmacia ed una ‘Azienda sanitaria locale’. La prima comunica l’avvio di un servizio post vendita di ‘deblistering’ – confezionamento personalizzato di medicinali finalizzato a migliorare l’aderenza terapeutica– destinato a singoli pazienti che necessitano di terapie croniche o ‘Residenza Sanitaria Assistenziale’ o altre strutture sanitarie pubbliche e private.
Tale servizio è destinato ad essere svolto da personale specificamente formato (due farmacisti e un ingegnere) con l’ausilio di un macchinario apposito all’interno dei locali della farmacia.
Secondo la società, l’iniziativa dovrebbe consentire al paziente di utilizzare, giorno per giorno, secondo le indicazioni della prescrizione medica (e negli orari nella stessa indicati), il solo ‘blister’ corrispondente assumendo i farmaci ivi contenuti. E Il servizio di ‘deblistering’, sempre secondo la società, oltre che attenuare i rischi di errori nell’assunzione dei farmaci, agevolerebbe un più razionale utilizzo dei farmaci, consentendo ai pazienti dì fruire di tutti i medicinali acquistati, con una riduzione quindi delle rimanenze inutilizzate.
Per maggiore chiarezza, poi, la società precisa che la procedura seguita è conforme alle ‘linee guida’ vigenti in altre Regioni, in particolare quelle adottate dalla Regione Lombardia.
Dalla ‘Azienda sanitaria locale’, però, arrivare parere sfavorevole, poiché, viene chiarito, risulta attualmente assente una normativa nazionale di dettaglio che regolamenti in modo compiuto l’attività di confezionamento personalizzato ‘deblistering’, senza dimenticare, poi, l’assenza di ‘linee guida’ della Regione Piemonte recanti i requisiti e i limiti per lo svolgimento dell’attività sul territorio di pertinenza.
Tirando le somme, la ‘Azienda sanitaria locale’ escludere di avere competenza ad esprimere atti di autorizzazione dell’attività di ‘deblistering’, con buona pace, quindi, della società che gestisce la farmacia.
Questa visione non viene condivisa dai giudici, i quali, invece, ritengono corretta la considerazione proposta dalla società, cioè che l’attività di ‘deblistering’ non richiede alcuna forma di autorizzazione, dovendo considerarsi ricompresa nel perimetro delle attività consentite al farmacista.
Per i giudici, quindi, l’attività di ‘deblistering’ debba considerarsi consentita dall’ordinamento.
In primo luogo, l’ordinamento non contiene norme che vietino l’attività di ‘deblistering’, e mancano, del resto, disposizioni che ne assoggettino l’avvio all’adozione di atti autorizzativi dell’amministrazione.
Nel silenzio del legislatore, l’assunto interpretativo per cui sussiste un divieto tacito, desumibile dal rilievo degli interessi in gioco, deve poggiare su argomenti assai solidi, che i giudici non ritengono tuttavia di aver tratto dalle risposte fornite dal Ministero della Sanità e dalla ‘Agenzia italiana per il farmaco’ nel corso della robusta istruttoria compiuta.
L’avviso sostenuto dall’amministrazione, per cui, in attesa di una compiuta regolamentazione nazionale, l’attività in esame non è consentita, non persuade, per più ragioni.
Oltre a presupporre un’inversione logica del procedimento interpretativo – poggiando sull’idea secondo cui ciò che la legge non prevede e disciplina deve considerarsi vietato, anziché consentito –, la posizione espressa dall’amministrazione non tiene conto di una molteplicità di argomenti, taluni normativi, altri teleologici, relativi cioè alla consistenza degli interessi in gioco. Quanto a questi ultimi, giova prendere le mosse da quelli soddisfatti dall’attività di ‘deblistering’, destinati quindi a restare conseguentemente privi di copertura se si optasse per la tesi della non praticabilità di tale attività.
Per restare alla valutazione degli interessi in gioco e prima quindi di volgere lo sguardo al quadro normativo, non può non segnalarsi che la tesi sostenuta dall’amministrazione finirebbe per determinare una sperequazione territoriale nella possibilità che trovino soddisfazione non trascurabili bisogni), posto che la pratica in esame finirebbe per essere ammessa nelle Regioni che hanno dettato alcuni atti di regolazione (come la Lombardia), non anche in quelle (il Piemonte nel caso portato all’esame dei giudici) che non lo hanno fatto.
Giova, al riguardo, considerare che quella in esame è una pratica volta ad assicurare livelli più elevati di aderenza terapeutica, così come di semplificazione nella gestione dei farmaci, soprattutto per pazienti cronici, anziani, politrattati. Si tratta di bisogni di cui non è consentito trascurare il rilievo nella gestione dell’assistenza territoriale, tanto più in un Paese con tra i più alti livelli di longevità al mondo e con un elevato numero di pazienti cronici. Il ‘deblistering’, infatti, nel quadro delle iniziative di supporto alla cittadinanza, in particolare quella più vulnerabile, e di potenziamento dei servizi sanitari di comunità previste dalla vigente legislazione, offre – quale attività post vendita – una gestione personalizzata delle terapie farmacologiche individuali per pazienti che necessitano in particolare di terapie croniche (ovvero nelle R.S.A. o in altre ipotesi ritenute utili). La predisposizione da parte della farmacia – una volta ricevuti dal cliente (privato o RSA o altro) i farmaci acquistati – di apposite confezioni personalizzate (blister o altro) è utile infatti – con il consenso dei pazienti e secondo le prescrizioni del medico curante – ad evitare errori nel percorso di cura, così da scongiurare rischi nell’assunzione di alcuni farmaci.
In tale quadro – ponendo in essere operazioni che sarebbero altrimenti affidate alla gestione personale del paziente – il farmacista deve rigorosamente operare sulla base del dosaggio e della posologia stabilite dal medico curante, oltre che nel rispetto del proprio ‘Codice deontologico’ che prevede tra l’altro che il farmacista ponga in essere ogni utile iniziativa professionale volta ad assicurare l’aderenza alle terapie farmacologiche.
Non a caso in altri Paesi, in particolare Germania, Francia, Regno Unito, l’attività di ‘deblistering’ è una pratica consolidata e diffusa, per quanto non del tutto coincidenti siano i modelli organizzativi, le discipline approntate, il ventaglio delle prescrizioni anche tecnologiche imposte al farmacista, il regime di onerosità o gratuità. D’altra parte, non può escludersi che una regolamentazione attenta della pratica in esame possa sortire favorevoli effetti di finanza pubblica, considerato il diffuso fenomeno del ricorso a confezioni sovrabbondanti rispetto alle prescrizioni mediche. Un’accorta organizzazione dell’attività di ‘deblistering’ può infatti concorrere a determinare effetti in termini di razionalizzazione dell’utilizzo dei farmaci, una sostanziale riduzione della dispersione di questi ed una contrazione della spesa sanitaria a beneficio complessivo degli equilibri di finanza pubblica.
Sul fronte contrapposto, non vi è alcun dubbio che vengano in rilievo esigenze di salute e sicurezza. Si tratta di valutare se la ricostruzione interpretativa del quadro regolatorio consenta di assicurare che esse siano adeguatamente presidiate o se, invece, si imponga, nel descritto silenzio del legislatore nazionale, un’opzione ermeneutica ostile alla possibilità che il ‘deblistering’ sia esercitato.
Passando al quadro normativo, fermo quanto anticipato in merito alla mancanza di una compiuta disciplina nazionale, i giudici ritengono che non possa essere in primo luogo ridimensionato il rilievo interpretativo da assegnare al regime cui soggiace un’altra tipica attività del farmacista che, pur diversa da quella di ‘deblistering’, esige anch’essa – non meno di questa – un apparato di cautele. Il riferimento è alle preparazioni galeniche per le quali non è richiesta alcuna autorizzazione amministrativa o parere favorevole, potendo il farmacista predisporre le preparazioni all’interno della propria farmacia con la sola osservanza delle ‘Norme di buona preparazione’ contenute nella ‘Farmacopea Ufficiale Europea ed Italiana’.
Scontato osservare che con l’attività di ‘deblistering’, comunque, la farmacia non compie alcuna attività di frazionamento del principio attivo, limitandosi a spacchettare i farmaci dalle confezioni originali con i quali sono stati posti in commercio, inserendoli in ‘blister’ personalizzati per ciascun paziente e nella quantità prevista per ciascun dosaggio dalla prescrizione del medico curante. Il paziente non riceve più plurime scatole, ma più appropriatamente la bustina o il ‘blister’ assemblato, con un confezionamento ad personam.
Peraltro, in mancanza del ‘deblistering’ organizzato da un soggetto professionale, l’attività di adeguamento terapeutico finirebbe per essere compiuta dallo stesso paziente, con tutte le conseguenze in termini di possibili errori o dimenticanze, soprattutto in caso di pazienti anziani o cronici.

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